Colonizzati, troppo inglese nell’italiano o troppo italiano nell’inglese?

Colonizzati, troppo inglese nell’italiano o troppo italiano nell’inglese?

Questa settimana il nostro P.Odalico ha dedicato i suoi tre spazi Breviario alla colonizzazione della lingua italiana da parte dell’inglese.

Tre esempi differenti: il linguaggio sportivo, la drag queen Conchita Wurtz e la campagna internazionale #bringbackourgirl.

La domanda è: ma l’italiano come concetto autarchico esiste ancora? O meglio: è mai esistito? La politica dell’Italianizzazione di memoria fascista, iniziata nel 1938 da Ettore Tolomei, è una storia nota che ha anche risvolti discretamente comici nelle assurde traduzioni di termini inglesi di uso comune già negli anni ’30.

I bar (e si non è italiano) venivano chiamati mescite, il brandy acquavite, il sandwich tramezzino (e questo è sopravvissuto) il cocktail bevanda arlecchina. Solo lo sciovinismo francese sa fare di meglio, lo abbiamo visto anche durante il recente Euro Music Contest, quello appunto vinto dalla drag queen, con la corrispondete francese unica a parlare nella propria lingua e non nell’inglese da interscambio, durante i collegamenti e la band una delle poche a cantare nella propria lingua, in francese, arrivando ultima con 2 punti, l’isolazionismo in Europa piace poco oramai.

Quante parole inglesi oggi sono entrate nell’uso comune e di fatto non hanno un equivalente italiano? Centinaia, e anche il nostro P.Odalico sono certo le usa senza rendersene conto. Si va bene alcune cose suonano ancora come delle forzature. Ma obiettivamente nessuno direbbe vado al pasto rapido invece che fast-food parlando del Mc Donald’s, quale migliore e peggiore esempio di globalizzazione. Ammiratore e fan forse si equivalgono nelle frasi, ma chi tradurrebbe feedback con riscontro? Oppure chi usa empatico al posto di feeling? Se dico sceneggiato viene in mente la Freccia Nera, se dico Fiction il Dottor House. Se dico documento la carta di identità se dico file… un file.

Meglio flirtare o amoreggiare? Meglio un affare o un business? Si fa footing o si corre? La roba l’avete nel frigorifero o nel freezer? La musica che scaricate, downlodate, è gratis o è free? Per poi non parlare della tv, con i talk show e le news; la politica con la roadmap e il jobact. E voi avete passato un bel fine settimana o un buon weekend? Vi siete rilassati o siete in relax? Siete stati ad una festa o ad un party?

Insomma P.Odalico ti sfido a non usare più nessuna di queste parole. Sii davvero autarchico e autosufficiente. Oggi siamo immersi in un flusso costante di informazioni e di interscambi con mondi e persone diverse. E’ necessario avere una zona franca dove con una manciata di parole, 4/500 vocaboli, possiamo comunicare indistintamente con un cinese o con un australiano.

Se oggi navigando in rete finiamo a fare un acquisto on-line (come si potrebbe tradurre? In linea? Pronto!!!) su un sito di e-commerce (commercio elettronico) riusciamo a farlo perché quelle 10/20 parole fondamentali per la transazione sono internazionali. Altrimenti sarebbe davvero improbabile sopravvivere nell’epoca dello smartphone (telefono multiuso?) e finiremmo irrimediabilmente isolati. Si va bene. In alcuni casi si forza.

Il selfie esiste da 30 anni e si chiama autoscatto, anche se dire autoscatto fa venire alla mente le riviste porcelle amatoriali degli anni ’80. Ma nel 90 per cento dei casi la parola inglese ha più senso, è più veloce, centra meglio il significato di qualsiasi perifrasi nella lingua italica. Dante non me ne voglia ma mi rifiuto di provare a tradurre drag queen quando non cerca di farlo neppure il correttore automatico di Windows, che ricordo a P.Odalico è una parola inglese, vorrebbe dire finestre.

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