Le petite noir, imbarazzanti confessioni postume

Le petite noir, imbarazzanti confessioni postume

Lo ammetto. Fino alla nausea mi sono sentito ripetere che il futuro era nelle mie mani. Ma altresì aggiungo che dal momento in cui mi sono arreso a quella esortazione categorica, ché al proposito in famiglia si era molto rigidi, me ne sono anche assunto la piena responsabilità.

Le idee per far prosperare l’azienda paterna maturarono fin da quando ero un bambino assillato. Segare tronchi  per ricavarne lunghe assi mi sembrava un lavoro sciocco, anche se redditizio. Perché non curvarle ammorbidendole col vapore? Fasciame per imbarcazioni e anche per le botti. Mio padre disse che ero un cretino, ma lui aveva l’abitudine di ubriacarsi il sabato sera. Gli feci lo sgambetto e poi, per soccorrerlo, lo sdraiai sul pianale della sega a nastro. Ne venne fuori un bel lavoro: tagliato in due per la verticale alla perfezione e la mamma non buttò via quasi niente.

Nel breve volgere di tempo diventai il maggior fornitore di fasciame per la marina imperiale, fino a diventarne consulente ministeriale, e di botti per le regie cantine dell’esercito.

Non solo avevo preso il mio futuro nelle mani, ma anche quello di milioni di altre persone. Il resto è scritto nei libri di storia.

Beppe Cerutti

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