Short Story, la danza macabra del rapanello

Short Story, la danza macabra del rapanello

Strappare i giorni alla morte non è sicuramente un bel modo di vivere, ma visto che non ho un cazzo da fare dedico una parte del mio tempo anche a questo tipo di attività prospettiva e retrospettiva in attesa del Giudizio.

E un poco mi viene da ridere.

Penso a mia madre in quel giorno che, volendo io fare sfoggio di cultura, le dissi: “Noi siamo fango e nel fango torneremo”. Mi guardò come si può guardare un mentecatto: “Ti ho fatto io, testa di rapanello, e in casa nostra tutto è sempre bel pulito, che se no, poi, te lo senti il tuo papà!”

Un’altra volta, era sempre il mio periodo mistico, le dissi: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che…” “Dio mi perdoni ma , con quella testa lì che ti ritrovi, neanche dentro il traforo del Frejus ci passi… E poi lasciami perdere che devo mondare la verdura.”

Fregata.

Perché a me le citazioni mi venivano in mente quando c’era da lavorare per preparare il pranzo oppure la cena. E la mia era una famiglia numerosa. Una volta bisognava preparare il prezzemolo, e stacca foglia per foglia; un’altra era i fagiolini (i “cornitt”) che gli dovevi tagliare le punte; un’altra ancora erano i piselli oppure i fagioli da sgranare: mamma mia che barba! Pulir verdura per mezza dozzina di persone, storicamente morte di fame, cazzo! Altro che la Bibbia uno si mette a leggere!

Pensai alla morte anche come folle innamorato deluso, ma dal tempo delle verdure qualcosa era già cambiato: “Chiodo scaccia chiodo!” “Ho messo al mondo un deficiente!” disse mia madre. Poi, rivolgendosi a mio padre, con una dolcezza che non scorderò mai, aggiunse: “Hai visto? Gli sta crescendo la barba!”

Pensai alla morte leggendo i primi libri “importanti”: “Lei fa delle letture disordinate!”. La “profe” di Lettere era una spacca coglioni all’ennesima potenza: “Come pensa di capire qualcosa mischiando Hemingway e il mondo kafkiano?!”  Pensai a come infliggere la morte a quella megera.

Pensai alla morte che non ti aspetti e che può arrivare per un incidente stradale, magari in motocicletta. Se a loro fosse andata un po’ meglio, adesso avrebbero la mia età.

Pensai alla morte quando morì mio nonno. Adesso so che persi un amico.

Poi, finalmente, alla morte non ci pensai più. Una volta bisognava preparare il prezzemolo, e stacca foglia per foglia; un’altra era i fagiolini (i “cornitt”) che gli dovevi tagliare le punte; un’altra ancora erano i piselli oppure i fagioli da sgranare: mamma mia che barba!  Mi ero messo al tavolo, con le verdure: “Mamma, mi sposo.” “Povera ragazza.” Per fortuna non ho mai avuto bisogno d’incoraggiamenti.

Neppure per pensare alla morte.

Beppe Cerutti

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