Volendo spaccare il capello in quattro, il lavello aveva ragione. Da almeno una settimana era occupato da stoviglie ormai incrostate da residui di cibo di cui era difficile individuare l’origine. A voler essere tolleranti, si poteva dire che la macchia di colore era allegra: il rosso del pomodoro si sposava alla perfezione con gli avanzi di un paio d’uova al tegamino; per non dire delle foglie più dure del carciofo grigliato, che ancora amoreggiavano dentro una macchia d’olio piccante, abbracciate con aglio e prezzemolo ormai avvizziti. Un’opera d’arte.
Quasi sempre, però, la cromaticità delle padelle e dei piatti lascia altre tracce: “Cazzo, che puzza!”
Ma l’artista non si perse d’animo: aprì il rubinetto e cambiò il poco d’acqua che stagnava nel lavello.
In attesa di diventare famoso, quella sera mangiò olive nere alla greca e grissini intinti in un vasetto di senape della Coop ancora non scaduta.
Beppe Cerutti