E’ una signora di settant’anni. Che ha subito tanti tanti cambiamenti nella sua vita. Io l’ho conosciuta quando di anni ne aveva circa la metà. Una affascinante ragazza trentacinquenne dal’abbigliamento anni ’70 che bazzicava una zona centrale della Città Giocattolo, una zona che nel corso degli anni sarebbe diventata il centro di aspre battaglie politico sociali.
Ho lontani ricordi di quel suo periodo molto pop. Ricordo che qualcuno mi portò a sentire Edoardo Bennato che già adoravo. Non saprei dire l’anno, neppure il web aiuta. Lei invece l’ho conosciuta meglio quando aveva già passato i 40. Abitava in un parco appena fuori dal centro. In un quartiere. Di brutto c’era che quando andavi a trovarla facevi molto fatica a posteggiare.
Ma in tanti andavamo in bicicletta a trovarla. Così se bevevi tanto non era un problema tornare a casa. Avevamo il motorino truccato in modo artigianale, bevevamo vino di pessima qualità vinto allo stand in cui si tiravano gli anelli alle bottiglie. C’erano le prime band cremasche di coetanei. Mi ricordo che una sera i due chitarristi dei Crakers salirono sul palco entrambe con la febbre.
Li ci rimase per un bel po’ di tempo. Il tempo di fare la patente della moto, poi della macchina, di smettere di andare a scuola, iniziare a lavorare. Di passare passioni disparate, un anno di ritorno da Cuba mi trovai a gestire lo stand degli scacchi. Di sentire un sacco di musica. Anche se gli anni migliori per quello verranno nella sua prossima casa.
Una casa dove finalmente c’era posteggio quando andavi a trovarla. Avevamo una stanza nostra a casa sua allora. Quella stanza c’è ancora. Ma adesso ci va stretta e non ci sono più le cose che ci facevano correre li tutte le sere e rimanere fino a tardi. Momenti di gioia e tragedie sfiorate. Una mattina mi svegliai con la notizia che un amico visto la sera prima era in coma da overdose. Adesso sta bene, grazie a Dio.
Li aveva passato da un po’ i 50 ed era una signora di quelle che ti fanno girare la testa da quanto sono belle. Ma poi è arrivato un altro trasferimento. Stavolta in un podere appena fuori città. Andare in bici era più difficile. Non mi sono mai davvero più sentito a casa qui. La nostra stanza non era più nostra. Nuovi abitanti. E poi era in un luogo che boh, non mi ha mai convinto.
Lo stesso i primi anni ci abbiamo stazionato. Momenti belli, ma meno che un tempo. Poi la disaffezione. La signora stava arrivando ai settanta. Le prime rughe, i primi scazzi. Piano piano ha perso i pezzi. All’inizio non si stava più nella stanza storica ma qualche angolo c’era. Ma pian piano sono scomparsi tutti.
Si imbelletta ancora ma non è più quella affascinante donna che a fine estate ti faceva correre fuori casa per 15 giorni. Adesso la vedi per un the due tre volte massimo. Un paio di anni fa sei anche stato male dopo la prima sera e hai passato a letto le sue serate. Lo scorso anno ha fatto un lifting venuto male. Tempo moderni.
Lo stesso nel giorno in cui inizia c’è un filo della vecchia emozione di quel detto con cui per anni hai chiuso le presentazioni della sua venuta sul quotidiano La Cronaca che non esiste più neppure lui: ci si vede alla festa. Perchè era così, ci si vedeva li. Stasera sarai in giro. Alla prima sera non si manca mai.
A vedere le novità. A fare qualche foto per criticarla un po’ domani, magari a parlare bene dei nuovi spazi. Dopotutto Oscar Wilde diceva “Parlatene bene o male purchè se ne parli“, ed in questo non ti sei mai fatto mancare nulla. Hai sempre detto quello che pensavi, in bene o in male. Qualcuno forse pensava che avresti per sempre incensato tutto quello che la vecchia faceva. Qualcuno pensa che sei un fottuto autoreferenziale, qualcuno che sei un vecchio acido tu perchè critichi in maniera costruttiva.
In fondo non te ne frega un cazzo. Stasera ci vediamo alla festa. Gli altri giorni non so. Il programma cercatevelo sugli organi di stampa seri. Tanto questo è un blog. Ah. Le tre settimane di ferie sono quasi finite. Da settimana prossima si torna un po’ più attivi.
Emanuele Mandelli